Ultima modifica: 5 Novembre 2012

Mozione assemblea RSU 22/10 – a.s.2012-13

DOCUMENTO APPROVATO DAI DOCENTI

DELL’ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE “L. DA VINCI “ DI PISA,

riuniti in Assemblea Sindacale, il 22 Ottobre 2012.

I  docenti dell’I.T.I.S. “L. Da Vinci” di Pisa, riuniti in Assemblea Sindacale, il 22 Ottobre 2012, per analizzare i provvedimenti del governo: Patto di Stabilità 2013 (art.3) e proposta di legge Aprea n.953, volti inevitabilmente, ancora una volta, a smantellare il sistema dell’istruzione pubblica e della democrazia al suo interno, vogliono esprimere il loro forte dissenso e denunciare la grave situazione che si verrebbe a creare nella Scuola Pubblica Italiana, qualora le due leggi fossero approvate.

Il comma n.42 dell’art. 3 del Patto di Stabilità aumenta di un terzo l’orario di lavoro dei docenti delle scuole medie e superiori, portandolo da 18 ore a 24,  a parità di salario. Si evidenzia che nel metodo e nel merito si tratta di un provvedimento sbagliato e iniquo. Nel metodo perché, in assoluto spregio al diritto e alla Costituzione della Repubblica, si interviene su una materia che è regolata dalla contrattazione collettiva liberamente sottoscritta fra le parti, imponendo dall’alto prestazioni di lavoro che non sono previste nel CCNL attualmente in vigore: si tratta di un pericoloso precedente che mortifica la civiltà del lavoro e delinea un paradigma autoritario e illiberale di relazione stato-cittadino.

Ma il provvedimento è anche sbagliato nel merito. Chiunque operi nella scuola, infatti, sa bene che le ore di lezione frontali sono soltanto una parte dell’attività di un docente, che spende la propria professionalità anche nella preparazione delle medesime, nella predisposizione e nella correzione dei compiti in classe, nei ricevimenti delle famiglie, nella programmazione, nelle attività collegiali e nell’auto-aggiornamento.

Occorre poi dire con chiarezza che i docenti italiani hanno un carico settimanale di ore di lezione in classe – che, lo ripetiamo, sono solo una parte del totale – superiore o uguale alla media europea ( nella scuola primaria 22 contro 19,6 in Europa, nella secondaria superiore, 18 contro 16,3,  nella scuola media, 18 contro 18,1), ricevendo, per contro, nella media, stipendi molto più bassi.

L’effetto di questo provvedimento sarà devastante in termini sociali: se l’ orario frontale aumenterà di un terzo, una cattedra su quattro sarà assorbita da chi già lavora; secondo alcune stime si perderanno circa 30 mila posti di lavoro. Ancora una volta, dopo la soppressione di 87 mila cattedre, per effetto della riforma Gelmini, dopo il blocco degli scatti di anzianità e la mancata firma dei contratti di lavoro, scaduti da anni, è la scuola a pagare la crisi. In Italia come in Europa i debiti sovrani vengono garantiti dal sacrificio dei lavoratori e dal taglio del welfare, mentre ingenti risorse vengono dirottate sulle banche e su quei soggetti che sono responsabili della crisi, con un tasso di iniquità sociale che non ha precedenti dalla fine della seconda guerra mondiale. A perdere il lavoro saranno quei giovani docenti, che il Ministro dice di voler tutelare e per i quali sarebbe in arrivo un concorso (ma su quali posti?).

L’ansia di misurare con parametri esclusivamente quantitativi il lavoro dell’insegnante, anziché qualitativi, nasconde un profondo disprezzo, che vuol fare di lui non più un intellettuale che tramanda cultura ed un educatore che costruisce un’apertura nel dialogo con gli studenti, ma un guardiano a ore  pagato per un parcheggio giornaliero e chiamato a impartire un sapere talmente elementare e meccanizzato che le sue ore di lavoro possono essere aumentate a piacimento, senza che questo comporti un abbassamento del livello qualitativo: la dequalificazione dell’insegnamento e la sua regressione invece saranno inevitabili.  Si nota che la figura professionale dei docenti, ancora una volta, appare mortificata, in ogni ordine e grado del sistema educativo, essi vengono considerati spesso non in base alle loro specifiche competenze ma in funzione delle esigenze economiche di risparmio,  ignorando del tutto i bisogni concreti della scuola, di chi la frequenta e di chi vi opera.

I docenti inoltre fanno notare che i risparmi forzati sulla scuola pubblica, messi in atto con l’art. 3 del Patto di Stabilità, vedono dall’altro spostare contributi pubblici sostanziosi verso la scuola privata, alla quale si concede anche l’attivazione di classi con numero minimo di alunni ( 8 ), senza alcun controllo sul reclutamento dei docenti.

Per quanto si profila, inoltre, all’interno del Ddl Aprea n.953, attualmente in discussione nel chiuso della VII commissione e non in Parlamento, come se fosse una legge priva di particolare rilevanza nazionale, i docenti denunciano  i suoi punti di maggiore criticità:

–           l’introduzione dello strumento dello Statuto, differente scuola per scuola, provocherà una frammentazione ed un indebolimento del sistema nazionale d’istruzione: la definizione delle regole democratiche e della partecipazione alla vita attiva della scuola sarà demandata alla discrezionalità delle singole dirigenze. Lo Statuto, secondo tali modalità, causerà una totale perdita delle pari opportunità  sul territorio nazionale;

–           il patteggiamento di contenuti e metodologie didattiche con soggetti privati lede la libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione;

–           la restrizione degli spazi di democrazia all’interno degli organi di governo della scuola azzererà in sostanza gli Organi Collegiali: si denuncia l’assenza totale della componente del personale Ata nelle decisioni, ciò sembra inquadrarsi in un disegno di esternalizzazione dei servizi e dell’assistenza tecnico-amministrativa e, in aggiunta, la diminuzione della componente degli studenti, a cui, se minorenni, viene tolto anche il diritto al voto;

–           la “sussidiarità” del privato, in regime di autonomia statutaria, con Dirigenti svincolati dal rispetto delle competenze del Collegio dei Docenti, si tradurrà in “Aziendalizzazione” e privatizzazione dell’Istruzione;

–           la natura incostituzionale del testo rispetto agli art. 3, 33 e 34 della Carta Costituzionale è evidente.

 

Sulla base di queste considerazioni,  poiché sono in gioco non solo la dignità dell’insegnante, ma anche la civiltà del lavoro, il bene comune della scuola, il ruolo della cultura nella società, i valori della democrazia,

i docenti di questo Istituto dichiarano che difenderanno tutto ciò,

pertanto

  • Esprimono la loro opposizione alle due proposte di Legge
  • Ricordano al governo che tagliare sull’istruzione è per un paese una scelta grave, perché significa rinunciare ad investire per il futuro;
  • Richiedono che il loro profilo professionale possa essere incluso nell’elenco ufficiale delle professioni usuranti;
  • Condividono la forte preoccupazione, espressa anche dagli studenti con le loro  azioni di protesta contro i su citati provvedimenti, visti come progetti di smantellamento della Scuola Pubblica e dei valori democratici rappresentati dagli Organi Collegiali della scuola;
  • Chiedono alle forze politiche della maggioranza che sostiene il Governo Monti di fare un passo indietro, in quanto l’approvazione e l’applicazione delle suddette misure sarebbero l’ultimo grave colpo al sistema pubblico dell’Istruzione, già messo in discussione dalle scellerate politiche pregresse,  e alla sua natura democratica.
  • Invitano i Sindacati tutti ad azioni di lotta comuni, proponendo la partecipazione al “NO-MONTI DAY” il 27 Ottobre p.v. e ad uno sciopero generale nazionale da svolgersi al più presto;
  • Sollecitano l’istituzione di Collettivi di Scuole all’interno del territorio, per concertare forme di lotta organizzata;
  • Chiedono alle Istituzioni locali e nazionali, ai Partiti Politici, ai Sindacati, agli Intellettuali, ai Media e a tutta l’opinione pubblica di collaborare per restituire alla scuola Pubblica Statale il suo ruolo sociale, sul quale poter ricostruire lo STATO.

 

Pisa, 22 Ottobre 2012